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Benvenuti a Evanston: la prima città Usa che risarcisce i neri discriminati

È una piccola rivoluzione per i diritti civili – ma dal forte potenziale incendiario – quella in corso a Evanston, Illinois, un sobborgo di Chicago dove il governo locale ha deciso di stanziare 10 milioni di dollari per risarcire le vittime della discriminazione razziale. La proposta di Evanston è stata approvata a larga maggioranza dal consiglio comunale nel 2019 e prevede un risarcimento di 25mila dollari per tutti i cittadini che in passato hanno subìto le politiche segregazioniste, specie nella distribuzione degli alloggi, con l’obiettivo di migliorare le condizioni d’acquisto immobiliare, la ristrutturazione della propria abitazione e l’assistenza ipotecaria anche per i loro discendenti. Si tratta del primo esperimento del genere su scala nazionale e, per il momento, sotto varie forme sta venendo discusso in un centinaio di amministrazioni locali e federali Usa.

L’obiettivo storico si è raggiunto grazie all’impegno dei leader delle comunità di colore, ma la prima a ideare la campagna di risarcimento e a portarla a termine nella sua città è stata l’ormai celebre Robin Rue Simmons, ex assessore di Evanston e fondatrice della no profit First Repair. La proposta del 2019 prevedeva di mettere da parte i 10 milioni di dollari partendo dai proventi delle tasse locali per distribuire gli assegni per gli alloggi a 400 residenti. Ma le difficoltà logistiche per stabilire un criterio in base con il quale distribuire gli indennizzi non è stato semplice, come ha spiega Simmons alla stampa statunitense.

«I residenti che ricevono gli assegni di riparazione vengono chiamati “antenati” se vivevano a Evanston tra il 1919 e il 1969, e “discendenti” se figli di persone che ci vivevano in quel periodo», ha detto al Wall Street Journal. Allora gli afroamericani erano vittime di discriminazioni urbanistiche associate alle politiche governative e a fenomeni come il “redlining” – pratica bancaria di maggiorazione dei mutui verso individui appartenenti a determinate etnie, al fine di penalizzarli – che hanno contribuito alla segregazione razziale e ad altre forme di disuguaglianza.

Partiti da zero
Durante i mesi di ricerca su come applicare i risarcimenti nella sua città – dove il 16 per cento dei residenti sono afroamericani – Simmons non aveva altre iniziative simili o punti di riferimento su cui basarsi, perciò ha dovuto iniziare da zero. Per costruire un modello, ha misurato le crescenti disparità nell’istruzione e nel benessere dei cittadini negli anni, tenendo conto anche dell’esodo di massa dei residenti neri, in modo da avere un’idea dei danni economici ed educativi che avevano subìto. All’unanimità, ha spiegato, la comunità afroamericana ha stabilito che le abitazioni avrebbero dovuto avere la priorità per le compensazioni. È nato così il “Programma di riparazione per gli alloggi”, finanziato dai proventi delle tasse sulle vendite locali di cannabis. Nel 2022, il comitato per i risarcimenti della città ha distribuito 25mila dollari a 620 richiedenti sotto forma di voucher per l’acquisto di una casa, per l’assistenza ipotecaria e per la ristrutturazione, trasferibili alla prole. 

Ora il Comitato sta stilando un nuovo piano per estendere il programma di risarcimento, concentrandosi maggiormente sulle disparità nell’educazione. Simmons sottolinea come la necessità di maggiori ricerche nell’ambito dell’istruzione pubblica sia fondamentale per comprendere i benefici delle riparazioni e ampliare il dibattito. «I risarcimenti sono solo un modo per fare giustizia, una giustizia attesa da tempo. Riparare i danni recati alla comunità afroamericana da una parte eleva, libera e rafforza le famiglie nere, dall’altra guarisce intere comunità e crea famiglie forti, comunità sane, maggiore benessere e più proventi dalle tasse. La lista va avanti…».

Atto pionieristico
La segregazione razziale è un fenomeno storico presente negli Stati Uniti fin dall’epoca coloniale e le cui radici affondano nell’istituzione della schiavitù. Durante il XIX e il XX secolo, sia durante la cosiddetta era Jim Crow che con il New Deal, i cittadini afroamericani non avevano accesso a strutture e servizi come alloggi, cure mediche, istruzione, lavoro e trasporti e, seppur in diversa misura, alcune sue forme persistono de facto fino ad oggi. Nonostante siano state adottate una serie di misure per rendere illegale la segregazione giuridica – prima nell’istruzione pubblica dopo la sentenza del caso Brown v. Board of Education del 1954, poi con il Civil Rights Act del 1964  che diede via al fenomeno della “desegregazione” oggi noto come Affirmative Action, producendo un enorme impatto a lungo termine in tutto il Paese – questa oggi è ancora molto sentita e riguarda soprattutto i luoghi di residenza (la cosiddetta segregazione residenziale) plasmata negli anni da vari fattori, dalle politiche pubbliche alle discriminazioni sui prestiti immobiliari.

Grazie allo studio condotto nel 1988 delle sociologhe Douglas Massey e Nancy Denton e alla pubblicazione di “American Apartheid” – spesso citato – dove le autrici fanno chiarezza sulla teoria delle diverse misure di segregazione razziale ancora esistenti, queste pratiche hanno ottenuto maggiore credibilità con il termine ipersegregazione, ovvero la creazione di veri e propri ghetti riservati ai neri per tutta la prima metà del XX secolo, con lo scopo di isolarne la crescente popolazione urbana. In quest’ottica, la proposta di Evanston oggi è vista da molti come un atto pionieristico e in molti si aspettano che abbia seguito in altre municipalità. Secondo una ricerca dell’Università del Michigan, ad esempio, il 63 per cento dei residenti di Detroit sostiene i risarcimenti e il 70 per cento ritiene che la lotta all’inuguaglianza razziale ed etnica dovrebbe essere una priorità politica per i funzionari eletti. 

Altre città
Il sondaggio è stato condotto dopo una campagna di successo del 2021 guidata da Keith Williams, a capo del Comitato democratico afromericano del Michigan, con l’obiettivo di rendere Detroit la prima città del Paese a votare l’iniziativa sui risarcimenti, nota come Proposal R, per creare un’apposita task force che si occupasse di sussidi agli alloggi per far fronte ai decenni di discriminazione e diseguaglianze verso i neri di Detroit, che ospita 500mila cittadini di colore – circa il 78 per cento della sua popolazione – ed è una delle città più povere degli Stati Uniti, dove circa un terzo delle persone vive sotto la soglia di povertà. La proposta è passata con l’80 per cento dei voti. 

Lo stesso sondaggio ha rivelato che circa il 70 per cento degli intervistati è d’accordo che l’eredità della schiavitù continua a colpire le comunità di colore, mentre il 71 per cento crede che i neri godano di un salario, di livelli di benessere e di status finanziari inferiori rispetto ai bianchi.

Nel frattempo, altre grandi città come San Francisco hanno intrapreso i primi passi per offrire diverse forme di risarcimento ai residenti di colore. «È ora che il nostro Paese venga a patti con quello che è successo alla gente nera», ha spiegato Williams alla stampa statunitense. «Non si possono risarcire le vite perse e i cuori spezzati, ma si può restituire un po’ del denaro e del benessere che ci è stato sottratto. Si tratta di pareggiare i conti con una cosa da cui gli afroamericani sono stati in gran parte esclusi: il sogno americano».

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