Circa un anno fa TPI aveva raccontato la vicenda dei 547 impiegati del back office – età media 55 anni – che Bnl stava per esternalizzare ad Ast, società controllata al 100% dal Gruppo Accenture.
Benché fosse garantito il mantenimento dello stesso contratto di lavoro, il trasferimento si era consumato – dal primo giugno 2022 – senza un accordo con i sindacati: gli addetti temevano per la sicurezza del proprio posto, passando da un solido istituto bancario (facente parte della galassia Bnp Paribas) a una società (Ast, appunto) che nel 2021 aveva registrato un rosso di un milione di euro.
A complicare ulteriormente il quadro c’era il fatto che, di quei 547 impiegati, 210 rientravano in categorie svantaggiate: disabili, malati oncologici, caregiver certificati con la legge 104. Non una bella pubblicità per l’istituto di credito che si fregia di essere «la banca di Telethon».
Ebbene, a un anno di distanza i timori di quei lavoratori rischiano di rivelarsi fondati: Ast ha deciso di delocalizzare in Romania una serie di attività di Bnl su cui sono impiegati 95 lavoratori. Accenture assicura che non ci saranno ricadute occupazionali: gli addetti saranno ricollocati su altre attività (alcune delle quali, peraltro, non c’entrano nulla col settore bancario). Ma i sindacati denunciano come l’operazione stia rivelando la sua reale finalità: tagliare i costi e trasferire competenze all’estero.
Anche perché c’è una clausola del contratto fra Bnl e Ast che consente a quest’ultima di esternalizzare a sua volta le attività fino a un massimo del 58% entro il 2036. Centinaia dei 547 impiegati ceduti hanno già fatto causa a Bnl. E i lavoratori fragili si sono formalmente riuniti in un comitato per far valere i propri diritti. Il braccio di ferro continua.