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Vincent Bolloré, il Berlusconi di Francia che vuole scalare Mediaset per conquistare l’Europa

Sente di avere una missione Vincent Bolloré, il miliardario francese a capo del gruppo di media Vivendi, il principale partner della famiglia Berlusconi nella galassia Mediaset. Riportare l’Europa nella cristianità, riscoprire le antiche radici della tradizione, per un continente da trasformare in fortezza. 

Sulla carta Bolloré è ormai un pensionato, dopo aver lasciato la guida del suo impero fatto di logistica e comunicazione ai figli. In realtà non ha nessuna intenzione di perdere il controllo. A differenza del suo doppio italiano Silvio Berlusconi, non ha mai deciso di partecipare direttamente al gioco politico – in Francia sul conflitto di interesse hanno le idee piuttosto chiare a differenza nostra – ma di certo sa perfettamente quale parte appoggiare.

Il canale d’informazione CNews – che Bolloré ha acquisito nel 2015 cambiando radicalmente l’orientamento del network – ha costruito e sostenuto Eric Zemmour, l’esponente dell’estrema destra identitaria che si è presentato alle scorse elezioni presidenziali come competitor di Marine Le Pen. Alla fine, è stato un flop, ottenendo il quarto posto con il 7,07% dei voti, ma la sua partecipazione ha di fatto rafforzato lo schieramento più oltranzista. 

Vivendi in Italia oggi gioca una doppia partita. Nell’ottobre del 2015 ha iniziato la scalata al gruppo Tim e oggi ne è il primo azionista con il 23,75% delle azioni; nello stesso periodo è diventato il principale partner della famiglia Berlusconi dentro Mediaset.

Allo scorso novembre Bolloré aveva in mano il 22,70% delle quote di MediaForEurope, il nome assunto dalla holding nel novembre 2021. Oggi, dopo la morte di Silvio Berlusconi, è in grado di giocare una partita importante, probabilmente fondamentale, per decidere le sorti di due pilastri della comunicazione in Italia, con uno sguardo strategico verso l’Europa.

B&B
I due tycoon dei media europei, Berlusconi (oggi la sua famiglia e la sua eredità politica) e Bolloré, da tempo hanno in mano la quota principale dell’immaginario europeo. Caratterialmente diversi, ma con un piglio decisamente spregiudicato negli affari in comune, entrambi sono stati punto di riferimento della cultura della destra tradizionalista. 

Vincent Bolloré è stato a lungo legato a doppio filo con Nicolas Sarkozy, che lo ha aiutato nelle sue avventure imprenditoriali in Africa, nel campo della logistica portuale. Vivendi da alcuni anni ha in mano i fili di Canal+, il primo network via cavo francese, editore della allnews CNews, divenuta dal 2019 in poi uno dei primi canali informativi francesi. Controlla la major del mercato discografico Universal Music Group e la Gameloft, gigante dei videogiochi. 

MediaForEurope della famiglia Berlusconi oltre alla presenza italiana con le reti Mediaset – in un eterno e mai risolto conflitto d’interessi – ha in mano la Mediaset spagnola, nata nel 1989, la Medusa film, produttore e distributore di audiovisivi, la Boing in partnership la Warner Bros e soprattutto la ProSiebenSat, il secondo gruppo radiotelevisivo europeo per numero di famiglie raggiunte, presente in Germania, Austria e Svizzera, con quasi il 30% delle azioni. 

La scalata al gruppo presente nei Paesi a lingua tedesca Mediaset l’aveva iniziata nel 2019 con un primo investimento di 330 milioni di euro, pari al 10% delle azioni. Una partecipazione che da quel momento è andata crescendo, fino al maggio scorso, quando Piersilvio Berlusconi ha raggiunto il 29,7% del pacchetto azionario.

Fin dall’inizio dell’operazione le indiscrezioni parlavano di un progetto di scalata o, addirittura, di fusione tra i due gruppi. Un report di Mediaset dell’epoca spiegava chiaramente di puntare sul «progetto paneuropeo». L’idea era – ed è ancora – di creare un colosso continentale in grado di contrastare i big player delle piattaforme digitali. 

Nel frattempo, la guerra tra la famiglia Berlusconi e Bolloré sul controllo dei pacchetti azionari di MediaForEurope sembrerebbe arrivata alla fine, dopo aver raggiunto momenti di alta tensione, con ricorsi al tribunale e interventi della Procura di Milano.

Vivendi sa, però, che i due giochi aperti in Italia – il controllo di Tim e la pesante partecipazione nell’impero dei media di Berlusconi – sono collegati. La partita non potrà che essere politica, visto il ruolo del Governo nella società di telecomunicazioni. E, senza dubbio, il tycoon francese cercherà di giocare un ruolo da protagonista nel futuro dei media targati Biscione. In gioco c’è il mercato europeo, per lui. Per la parte politica con la quale dovrà confrontarsi c’è forse qualcosa di più strategico sul tavolo della trattativa.

“Retequattrismo”
L’arrivo di Bolloré a CNews fu drammatico. I giornalisti uscivano da uno sciopero di trentuno giorni consecutivi, record assoluto per un media europeo. Vivendi, a partire dal 2017, impose una svolta drastica alla linea editoriale, provocando la fuoriuscita di gran parte della redazione.

Nel 2019 la fascia nobile serale venne affidata ad Eric Zemmour, il noto polemista di estrema destra. Fu un successo, da punto di vista degli ascolti. Nello stesso tempo nel canale francese entrava di prepotenza l’ideologia di estrema destra identitaria, basata sui discorsi d’odio nei confronti dei migranti. 

Il 27 novembre 2019 il Csa (Consiglio superiore dell’audiovisivo, organismo di controllo francese sui media) è intervenuto condannando le parole di Zemmour a favore della politica di massacro della Francia in Algeria. Ma la strategia di Bolloré non si è fermata, dando sempre più spazio al giornalista di estrema destra, creando la sua base politica che sfocerà nelle elezioni del 2022. 

In Italia da sempre Mediaset è maestra nell’infointrattenimento identitario. Da tempo il termine “retequattrismo” identifica i talk del “politicamente scorretto”, dove le minoranze (dai migranti ai Rom e Sinti) vengono prese di mira. È prima di tutto un modello economico, cinico, che cerca di intercettare e interpretare l’anima reazionaria alla base della svolta a destra del continente europeo. Ma è anche un motore politico in grado di alimentare quella stessa parte, in un loop senza fine. Una macchina di consenso e di propaganda decisamente appetibile. 

Le elezioni europee sono dietro l’angolo. Si voterà per il rinnovo del parlamento europeo nel giugno del 2014, esattamente tra un anno. E non c’è dubbio che l’eredità imprenditoriale di Silvio Berlusconi peserà forse più del suo lascito politico.

La gigantesca macchina dei media nata da Mediaset, che oggi è in grado di coprire almeno cinque Paesi europei, legata dal punto di vista azionario – anche se in competizione – con Vivendi, ha un peso difficile da ignorare. L’obiettivo di MediaForEurope è chiaro ed annunciato, il progetto «paneuropeo». Nel nome del retequattrismo.

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