Pochi politici riescono a dare del «terrorista» al presidente russo Vladimir Putin e a farla franca, ma l’ex presidente della Lituania Dalia Grybauskaitė non è mai stata molto avvezza all’uso di eufemismi diplomatici quando si parla del suo ingombrante vicino. Già nel 2014, molto prima del brusco risveglio dell’Europa di fronte alla Russia putiniana, era stata tra i pochi leader europei a criticare ad alta voce l’occupazione dell’Ucraina orientale – la Crimea non era ancora stata annessa – avvertendo che «se uno Stato terrorista aggredisce un suo vicino e non viene fermato, quell’aggressione si estenderà al resto d’Europa».
Grybauskaitė si è guadagnata all’estero la reputazione di “Iron Lady del Baltico” per la sua leadership risoluta e la sua schiettezza. Dopo essersi occupata dei conti dell’Europa in qualità di Commissario europeo per la Programmazione Finanziaria ed il Bilancio e prima ancora, per pochi mesi, all’Istruzione e alla Cultura, dal 2009 al 2019 è stata presidente della Lituania – la prima a ottenere due mandati consecutivi dalla fine dell’Urss nel 1991.
Cintura nera di karatè, non ha mai lesinato i suoi attacchi diretti a Putin – a sua volta cintura nera di judo – come quando annunciò di voler boicottare le Olimpiadi di Sochi a seguito del giro di vite sui diritti umani in Russia, in particolare contro la comunità Lgbtqi+, arrivando a comparare il presidente russo a Iosif Stalin e Adolf Hitler. Nonostante gli svantaggi, la Russia conta 144 milioni di abitanti, 40 volte quelli dello Stato baltico, ed è dotata di armi nucleari, Grybauskaitė non si è mai lasciata scoraggiare ma d’altronde si sa, nelle arti marziali più è grosso l’avversario più bisogna sapersi difendere con agilità e colpire con decisione.
Spina nel fianco
«Dopo l’annessione della Crimea, la reazione dell’Occidente è stata molto lenta, nonostante la Russia abbia dimostrato alla luce del sole che poteva occupare i territori dei Paesi confinanti», ha dichiarato in una recente intervista. Tuttora, sostiene, i leader occidentali si stanno facendo troppe illusioni sulle reali intenzioni del Cremlino, sottolineando la mancanza di una volontà politica coesa per rispondere in maniera adeguata alla Federazione Russa. Grybauskaitė non ha mai usato mezzi termini in riferimento alla responsabilità della Nato di rafforzare il suo confine Est per prevenire ulteriori azioni militari russe in Europa, sostenendo a più riprese che la Lituania si trova «già sotto attacco» della propaganda e della disinformazione del Cremlino, una campagna mirata che vede come il preludio di un’imminente invasione del suo Paese.
«Nel 2014 avevamo provato a spiegare cosa significasse l’invasione dell’Ucraina orientale, ma ci hanno criticato e preso in giro, nessuno ci ha creduto. Oggi la maggioranza ha capito che avevamo ragione, la cosa preoccupante però è che ora ci sentono ma continuano a non ascoltarci». Secondo l’ex presidente 67enne, molti europei non colgono a pieno il contrasto di valori tra la Russia e l’Occidente, definendo niente più che «una chimera» l’idea che si possa raggiungere un compromesso attraverso i negoziati. «Non siamo critici, chiamiamo semplicemente le azioni della Russia con il loro nome. Il Cremlino porta avanti una politica conflittuale, viola il Diritto internazionale, minaccia la rete di sicurezza globale e regionale, e mira a dividere l’Europa e indebolire le istituzioni transatlantiche. Per il Cremlino il silenzio significa assenso, non possiamo essere complici o creare un clima di impunità che incoraggi questi comportamenti pericolosi. Per questo dire la verità è un nostro dovere».
«Non si tratta solo dell’Ucraina, ma di una guerra contro la nostra intera civiltà», ha ribadito Grybauskaitė la settimana scorsa quando è stata insignita della Manfred Wörner Medal, il prestigioso premio tedesco per i servitori della pace e della libertà in Europa. «Se l’Ucraina non ottiene una vittoria definitiva sul campo di battaglia, l’Occidente finirà in un limbo. Le azioni aggressive proseguiranno per i prossimi decenni». I piccoli Stati baltici sono tra i principali contribuenti allo sforzo bellico di Kiev e tra i principali sostenitori dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato. «Il processo di adesione deve iniziare perché aspettare una situazione post-bellica consente a Putin di non terminare mai la guerra», ha detto Grybauskaitė. «Se teniamo davvero al territorio Nato, l’Ucraina deve inevitabilmente farne parte».
Trascorsi oscuri
Il suo spirito pugnace l’ha resa un obiettivo per i russi, una paladina in Ucraina e una figura popolare nel suo Paese, dove il ricordo dell’annessione sovietica ha ancora radici profonde, ma se per alcuni la sua retorica anti-russa può essere galvanizzante, altri sostengono che provocare l’orso oltreconfine non sia in fondo proprio una buona idea. Per Vytenis Andriukaitis, ex commissario europeo per la Salute e la Sicurezza Alimentare durante la Commissione Juncker, chiamare la Russia uno «Stato terrorista» non farebbe altro che alimentare un inutile trambusto pubblico sulla possibile occupazione della Lituania.
Il suo stile di vita riservato, unito a un’attenta cura della sua figura pubblica e a una spiccata riluttanza a fornire dettagli sul suo passato durante l’era sovietica, l’ha resa spesso oggetto di critiche dai suoi connazionali e ha esasperato analisti, giornalisti e storici lituani. Grybauskaitė è sempre rimasta vaga sul suo passato durante l’era sovietica, di quel periodo sappiamo solo che ha studiato a Leningrado – oggi San Pietroburgo -, ha lavorato in una fabbrica di pellicce e ha poi insegnato a Vilnius.
Da quando era iscritta al Partito comunista ha scelto di non appartenere più a nessun movimento politico organizzato, sostenendo di aver sviluppato una «allergia» verso la politica dei partiti, lasciandola esposta a numerosi pettegolezzi e teorie cospirazioniste. Per alcuni è un’ex agente del Kgb, altri sospettano che la sua retorica anti-russa non serva ad altro che a schiacciare i suoi rivali politici in casa.
Vilnius Story
Tutti e tre gli Stati baltici appartengono alla Nato dal 2004, ma con l’occupazione dell’Ucraina e la rimilitarizzazione dell’enclave di Kalinigrad nella vicina Russia, Grybauskaitė si è mostrata poco incline a volersi affidare esclusivamente alla buona volontà della Comunità internazionale e nel 2015 ha reintrodotto la coscrizione militare nel suo Paese. L’idea era quella di mostrare agli Stati membri della Nato che per la Lituania è arrivato il momento di far sentire il suo peso dentro l’Alleanza, dopo aver speso in passato poco più dell’1 per cento del suo Pil per la difesa.
Inoltre, negli ultimi anni, gli attacchi all’informazione e la presenza di strutture d’ombra che agiscono nel Paese baltico hanno reso la politica estera lituana sempre più accattivante, attirando l’attenzione crescente dei Paesi Nato e Ue verso le sue preoccupazioni sulla sicurezza.
Avere un membro permanente del Consiglio di sicurezza Onu che occupa e annette i territori dei suoi vicini, ha ricordato di recente, rappresenta con ogni evidenza una seria minaccia al sistema di sicurezza internazionale: «Questo è lo scopo del Cremlino, e “divide et impera” è il nome del gioco». Così, per Grybauskaitė, accettare qualsiasi forma di “new normal” nelle relazioni con la Russia è fuori questione. Con la guerra in corso in Ucraina e il suo sostegno al regime criminale del presidente Bashar al-Assad in Siria, l’ex presidente lituana ritiene che non sia possibile sostenere una cooperazione con Mosca, che sarebbe fondata solo su ricatti e minacce.
L’Ue e la Nato, per lei, dovrebbero guardare oltre la propaganda di Mosca e dettare la propria agenda con la Russia, non far parte dello spettacolo di marionette del Cremlino. Questo vorrebbe dire, secondo la “Iron Lady del Baltico”, espandere la nostra influenza sul territorio, rafforzare le nostre difese, sopprimere gli ostacoli che si frappongono agli scambi e agli investimenti e proteggere l’ordine internazionale.