C’è aria di smobilitazione nelle fabbriche e negli uffici di Stellantis in Italia. Da quando, due anni e mezzo fa, l’ex Fiat si è fusa con i francesi del gruppo Peugeot, l’azienda ha avviato un silenzioso ma energico piano di riduzione del personale: ai dipendenti vengono offerti lauti assegni in cambio delle loro dimissioni, una pratica portata avanti sulla base di una serie di accordi con i sindacati (ad eccezione della Fiom-Cgil che si è rifiutata di firmare le ultime intese).
Così, a partire dal 2021 già circa 4mila lavoratori hanno lasciato il proprio posto ed entro la fine del 2023 il totale potrebbe salire a 7mila: significherebbe un taglio della forza lavoro del 14 per cento nel giro di appena tre anni, certo non il miglior modo per tacitare chi paventa il rischio di un’Italia de-industrializzata sul fronte dell’automotive.
Le uscite dietro incentivo economico sono il modo principale con cui l’amministratore delegato Carlos Tavares sta operando la sforbiciata, ma non l’unico. Un altro metodo utilizzato è quello delle cessioni di rami d’azienda. È il caso di 200 impiegati e quadri di Fca Services, la società del gruppo che si occupa della fatturazione e delle buste paga per l’Italia.
Fino alla scorsa settimana i suoi uffici fornivano i propri servizi non solo alle aziende targate Stellantis ma anche a due ex marchi della galassia Fiat: Cnh Industrial e Iveco (che comunque continuano a far capo a Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann che è anche azionista di Stellantis).
Dal primo luglio, però, le cose sono cambiate. «In un’ottica di ulteriore miglioramento dell’efficacia ed efficienza dei servizi forniti», Stellantis ha deciso che Fca Services deve limitarsi a operare all’interno del perimetro del gruppo: la casa madre ha quindi disposto la cessazione della fornitura verso Cnh e Iveco.
Risultato? Su 800 dipendenti complessivi, poco meno di 200 – cioè coloro che si occupavano di quella fornitura – sono stati messi gentilmente alla porta.
La maggioranza di questi lavoratori – come vedremo tra poco – ha trovato una nuova sistemazione soddisfacente, ma ce ne sono 28 a Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli, che se la vedono brutta e già annunciano battaglia legale.
La trattativa fra Stellantis e i sindacati – obbligatoria per legge – è andata avanti su due binari paralleli, in corrispondenza delle due principali sedi di Fca Services: Torino e, appunto, Pomigliano.
I negoziati svolti in Piemonte si sono conclusi, a inizio maggio, con una stretta di mano: l’accordo ha fatto sì che, a partire dal primo luglio scorso, Cnh e Iveco hanno assunto – o meglio “internalizzato” – 154 addetti nei propri uffici di Torino, Brescia, Modena, Suzzara e Foggia (per la precisione, 63 saranno assorbiti da Cnh e 91 da Iveco).
A Pomigliano, invece, i rappresentanti dei lavoratori hanno rifiutato di approvare la soluzione predisposta da Stellantis e dalle due ex aziende del gruppo Fiat. Tra aprile e maggio i sindacati hanno anche proclamato tre iniziative di sciopero per protestare contro l’operazione (ed è stata la prima volta dai tempi del referendum di Marchionne che, a Pomigliano, tutte le sigle si sono mobilitate insieme, inclusa la Fiom).
La parte datoriale ha comunque dato seguito al suo piano in modo unilaterale (la legge lo consente): così, dallo scorso primo luglio i 28 dipendenti napoletani di Fca Services che gestiscono fatturazione e buste paga per Cnh e Iveco sono stati “ceduti” a Genpact, una società statunitense di servizi alle imprese con sede legale alle Isole Bermuda.
Gli addetti ora temono di fare la fine delle navi e degli aerei che nell’omonimo “triangolo” dell’Oceano Atlantico scompaiono. Pur trattandosi di un colosso multinazionale quotato a Wall Street, infatti, Genpact in Italia è un’azienda di dimensioni ridotte: al 31 dicembre scorso contava appena 29 dipendenti, distribuiti tra Milano e Firenze.
E a lasciare poco tranquilli i lavoratori appena ceduti da Stellantis c’è anche il fatto che lo scorso anno la società, dopo aver perso un appalto, ha avviato con i sindacati una procedura di licenziamento collettivo di otto addetti. L’incubo degli impiegati napoletani, insomma, è quello di essere stati scaricati su un’azienda che, presto o tardi, potrebbe a sua volta disfarsi di loro.
«Ci riesce veramente difficile immaginare che un gruppo come Stellantis non riesca a trovare al suo interno delle soluzioni per garantire serenità lavorativa a 28 suoi lavoratori e alle loro famiglie», ha osservato a margine dei tavoli con la casa automobilistica il coordinatore nazionale della Fim-Cisl, Stefano Boschini.
Agli impiegati – finora sottoposti al contratto aziendale di Fca – sarà applicato il contratto nazionale dei metalmeccanici. Clemente Serpico, il delegato Fim del gruppo di dipendenti trasferiti, sottolinea come lui e i suoi colleghi siano stati di fatto «discriminati» rispetto ai 154 impiegati assunti da Cnh e Iveco e anche rispetto agli altri 19 impiegati di Fca Services di Pomigliano che sono sfuggiti all’operazione per il solo fatto di occuparsi di pratiche interne a Stellantis.
Tra i lavoratori ceduti, fra l’altro, ci sono quattro persone che rientrano in categorie fragili, tra cui malati oncologici. Alice (nome di fantasia) ha 42 anni e tre figli di cui uno autistico grave: «Ho alle spalle una separazione complicata e i miei genitori non ci sono più. Se perdessi il lavoro, non saprei davvero da dove ricostruirmi», si sfoga parlando con TPI. «Ho vissuto questi mesi con molta ansia. Ora che siamo stati trasferiti, il nostro timone è: per quanto tempo durerà la commessa? Se non ci saranno investimenti cosa succederà?».
Giuseppe Napolitano, che fra gli impiegati ceduti rappresenta la Fiom, parla di «operazione portata avanti in modo poco trasparente», un’osservazione che viene ripetuta da tutti gli addetti con cui parliamo. Rosario Conte, 42 anni, due figli e una moglie con un lavoro part-time, ha lavorato in Fca Services per vent’anni: «La comunicazione da parte dell’azienda è stata pessima», dice.
«Hanno annunciato l’operazione a settembre, ma poi fino a giugno c’è stato un assoluto silenzio. Nella vita può capitare di perdere il posto di lavoro, ma l’importante è saperlo con anticipo, avere certezze, essere chiari. Qui invece la chiarezza è proprio mancata».
La “cessione” degli impiegati è ormai cosa fatta, ma i 28 di Pomigliano non si arrendono. La maggioranza di loro è decisa a impugnare davanti a un giudice la procedura di trasferimento di ramo d’azienda. Intanto Stellantis va avanti con la sua cura dimagrante.